Sette vizi per sette scrittori – Enrica Tesio e l’ira

Photo by Roberto Di Veglia

Canta, o dea, l’ira d’Achille Pelide,
rovinosa, che infiniti dolori inflisse agli Achei...”

Il Proemio dell’Iliade parte proprio dall’ira.
Chi non conosce o non ha sentito almeno una volta nella vita queste parole? (Magari nella traduzione di Vincenzo Monti, in cui l’ira era funesta).
Io invece mi adiro se non arriva l’idea. Mi arrabbio se scrivo male.
Forse dire di essere arrabbiati è esagerato.
Ci si può arrabbiare in scrittura? Forse se non veniamo capiti, stroncati o nel caso non veniamo pubblicati. A pensarci bene non è arrabbiatura, neanche dopo aver appallottolato il foglio (in senso figurato visto che la carta non è il mezzo dove scrivo, se non per appunti. Per scrivere e inviare mi rimane la scrittura digitale).
E allora dove uso l’ira? Nei personaggi, forse. Qualche iroso pure urlatore, che si comporta male prendendosela con tutto e tutti, l’avrò delineato nei miei racconti. Anche se non esplicitamente, l’arrabbiato ha movenze e caratteristiche ben precise. Che poi nessuno si vuole identificare in lui/ lei; ma un personaggio arrabbiato, per far muovere una storia, non ci sta male.
Chissà se si scrive bene con una (punta?) d’ira? Quella che hai quando tratti argomenti che ti premono. Credo che come tutte le cose, ci voglia la giusta misura. Troppo arrabbiati si rischia magari di offendere qualcuno. Si può dire tutto, con parole più serene. Per cui meno ira, più serenità. (In pieno stile anni 70 – Peace & Love – a tutti)
Serena rimango nel presentare le risposte, alle nostre domande sull’ira, di una persona che leggo sempre volentieri nelle sue avventure con i figli. Da madre capisco che i figli siano capaci di farti scattare momenti di arrabbiatura, e tu sdrammatizzi scrivendoci su, come fa Enrica Tesio (che ringrazio) e in un certo senso anch’io nei miei piccoli scritti.
Per sapere di più del connubio ira – scrittura – letteratura non resta che leggere le risposte di Enrica. Buona lettura!

Enrica Tesio, torinese, ha due figli, due gatti, un mutuo, un blog: tiasmo.wordpress.com
Laureata in Lettere con indirizzo cinematografico, fa la copywriter da quando aveva vent’anni. Nel 2015 ha scritto per Mondadori “La verità, vi spiego, sull’amore” . Ultimo libro uscito: “Dodici ricordi e un segreto”.


  • Che rapporto hai con l’ira?

Gli scoppi d’ira degli altri mi paralizzano. I miei (rari) mi fanno sentire grottesca.

  • C’è qualcosa o qualcuno che durante la scrittura, nella preparazione di un libro riesce a farti perdere le staffe?

No. Sono più portata ai piccoli nervosismi che alle grande sfuriate. La scrittura è qualcosa di molto privato, silenzioso, una stanza dove non entra nessuno, al massimo mi arrabbio con me stessa se il risultato non è quello che cerco.

  • Quando è stato l’ultima volta che ti sei arrabbiata e perchè?

Un torto sul lavoro fatto a un mio collega.

  • Quali sono le cose che nel mondo della scrittura proprio non sopporti?

Le logiche da salotto e la spocchia.

  • Quale libro, se ce n’è uno, ha affrontato questo argomento (ira) dandone una lettura che ti ha convinto o deluso?

Ho recentemente letto “L’educazione” di Tara Westover. è un libro molto interessante perché fa montare una rabbia progressiva nel lettore per le angherie subite dalla protagonista (la storia è autobiografica). Ho trovato interessante il meccanismo empatico che sviluppa, nonostante la voce narrante si mantenga quasi benevola nei confronti dei protagonisti della vicenda.

  • Pensi che possa essere considerato ancora un vizio, un peccato capitale, quelli che Aristotele, definì gli “abiti del male” ?

Penso che siamo un paese di gente arrabbiata, ottusamente arrabbiata, che sceglie e vota per rabbia. Quindi sì, è un gran peccato.

  • Quali sono secondo te oggi i peccati capitali, i mali che affliggono la nostra società, se ci sono?

L’accidia. Una certa passività che segue la logica del “si fa così, perché si è fatto sempre così”.

3 Risposte a “Sette vizi per sette scrittori – Enrica Tesio e l’ira”

  1. Io sono cresciuta al sud, dove gli scoppi d’ira assumono quella vena di drammaticità e commedia insieme. Tant’è che per indicare un iroso si dice: fa cummeddia, fa commedia, per l’appunto. Personalmente – venendo da un padre che mangiava ira a colazione – le sfuriate e l’aggressività, di quelle che mutano i timbri e deformano i lineamenti, mi hanno sempre paralizzato. Tuttavia, diffido allo stesso temmpo delle acque chete, di coloro che non si arrabbiano mai, che non si fanno scalfire… Di certo una via di mezzo, un certo equilibrio, è la dose giusta, come in tutte le cose. Nell’arte, dunque anche nella scrittura, il personaggio incazzoso affascina sempre, conferisce quel certo movimento allo scorrere delle acque della storia. Ecco, un buon esercizio sarebbe magari quello di descrivere la scena d’ira di un qualsivoglia personaggio ^_*

    1. Grazie Irene per essere passata di qua. Sì certo in ogni cosa ci vuole la giusta misura, però spesso è proprio l’ira a guidare le nostre scelte, quella silenziosa, che cova dentro.

  2. Ciao Irene. Quanto hai ragione. Forse l’ira è l’emozione più dura da gestire. Una via di mezzo sarebbe l’ideale. Lo sai che non è male la tua idea di descrivere un personaggio iroso? Da provare. Grazie per essere passata.

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