Davanti allo specchio

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Visto da lei

Allungo con gli indici la parte esterna dell’occhio. Ho l’aria da nipponica anche se l’occhio ceruleo tradisce le mie origini italiane. E non solo quello. Si vede chiaramente che il mio viso e il mio corpo stanno cambiando. Quarant’anni è esattamente il doppio di venti e tu sei esattamente il doppio o comunque molto più in carne. Eppure sono io, anche con i miei cambiamenti facciali. Sembra ieri che quella ruga non c’era e invece…al limite sarà stato l’altro ieri.
Anche la memoria vacilla e non è più la stessa, figuriamoci il fisico. Inutile ritirare la pancia, metterti di profilo, fare la giravolta, falla un’altra volta, guarda in su, guarda in giù, dai un bacio a chi vuoi tu.
Il bacio lo dai allo specchio per fare la ginnastica facciale, ma sembri una rincoglionita che controlla le linee che solcano il viso. Cento smorfie, ma il risultato non cambia.
Stai invecchiando! Inutile che cerchi di strapparti i capelli bianchi, ne spunteranno altri a breve. È tempo sprecato. Non pensare che con i capelli chiari si noti di meno, quelli bianchi si vedono, eccome.
Tra un urlo, dovuto allo strappo del capello bianco, e una giravolta, per vederti senza pancia, alla fine ti viene da ridere, dopo che sei caduta per l’acrobazia.
Ti guardi di nuovo e ti scopri diversa, è vero, ma più matura. Come i frutti dell’albero. In effetti quando cadono vuol dire che sono maturi. Così pian piano stanno crollando anche i tuoi, di frutti. Forza della gravità, degli anni che passano e non ci puoi far molto.
E ci ripensi una terza volta o come tutte le volte che sei di fronte allo specchio.
E ci ripensi e ti dici che i frutti più buoni sono quelli maturi, mica quelli acerbi attaccati alla pianta. Le scuse! Tutte si trovano pur di non accettare che stai invecchiando. E meno male. Per oggi l’autostima è salva.

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Visto da lui

Una volta avevo i capelli. Lunghi, neri, ondulati.
Ma quando mi guardavo allo specchio era sempre il mio naso a non piacermi. Avvicinavo il viso allo specchio e cominciavo a girare la testa leggermente verso destra, una piccola inclinazione. Alzavo un po’ il mento, mi sembrava così che il naso fosse meno adunco.
Ancora adesso lo faccio e rimango convinto che una parte del mio volto è più bella dell’altra, più simmetrica.
Passavo molto tempo davanti allo specchio, come se potesse dare risposte ai miei interrogativi, ai miei dubbi. Invece rimaneva muto.
Allora provavo con le vetrine dei negozi, in cui la visione era meno netta, meno precisa e questo aveva i suoi vantaggi, soprattutto sulla mia autostima.
I negozi poi, molto spesso, restituivano un’immagine completa, dalla testa ai piedi, un flusso, un’immagine dinamica direi, molto meglio dei finestrini delle auto, che spezzavano la figura  e dovevi avvicinarti per vedere qualcosa, con il rischio di farti scoprire.
Mia madre lo aveva capito.
Mi prendeva un po’ in giro, ma lo sapeva che i ragazzi passano tutti quella fase in cui sono innamorati di se stessi, sono dei narcisi, i ragazzi. Poi si cresce e le cose… non cambiano, o quasi.
Per quello che mi riguarda devo dire che sono stato aiutato dalla danza.
Siete mai stati in una scuola di danza? Ogni sala che si rispetti ha una parete completamente coperta da specchi, enormi, dove, non solo puoi guardarti, ma lo devi fare.

Capito! Passi tutto il tempo davanti a un specchio e sei autorizzato a farlo. Non devi vergognarti è tutto assolutamente normale.
Non c’è nessuna mamma che ti dice: “la finisci di guardarti allo specchio”. Sì è vero,  quello che vedi è un corpo in movimento, ma vi assicuro che alla fine conosci ogni singolo particolare del tuo corpo e del tuo viso.
Ho passato così tante ore in palestra da avere quasi un’overdose di “specchiamenti“ e così piano piano ho abbandonato i finestrini delle auto. Un po’ come quei drogati che una volta provata la coca non se ne fanno più niente, di una semplice canna.
Adesso se posso evito, ma il richiamo è sempre forte. Quando esco dalla doccia e infilo l’accappatoio, prima di andare a vestirmi, un passaggio davanti alla specchio lo faccio. Spero che grazie a qualche oscura magia il mio stomaco sia rientrato in se stesso, senza invece esondare e formare quelle inestetiche onde di ciccia intorno al girovita. Allora trattengo il respiro, provo a stringere gli addominali, raddrizzo la schiena, mi metto di tre quarti, do ancora un’occhiata veloce e vado via.
In compenso (o a mia difesa) devo dire che non sono un fanatico del selfie, di quello che può essere considerato la nuova frontiera dello “specchiamento”.
In fondo questa moda di autofotografarsi è solo una maniera più tecnologica di vedersi davanti uno specchio, di celebrarsi.
Lo possiamo considerare uno “specchiamento” condiviso, che spesso si fa in compagnia, un rituale social, dove si può fermare l’immagine e modificarla a nostro piacimento. E in questo devo dire… uomini e donne sono uguali.

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