Sempre e per sempre

data 22 dicembre

Sempre e per sempre

Paolo Pagnini

“Gestisco un rifugio”, mi confidò con una punta di pudore un giorno che eravamo appunto entrati un po’ in confidenza. E prima che potessi chiedergli quale fosse, questo rifugio, aggiunse “Uno di quelli veri. Non un ristorante di alta quota. Un rifugio dove rifugiarsi quando ci si trova in difficoltà. Uno di quelli che, in certi momenti, possono salvarti la vita. E di sicuro, da quando esiste, da molto prima di me, di vite, quel posto, ne deve avere salvate veramente tante.”
L’avevo incontrato tre settimane prima in una sperduta spiaggia sulla costa più impervia della Corsica e avevamo concordato di partecipare insieme ad alcune escursioni e poi eravamo passati a più impegnative arrampicate sulle torri di granito dei Col de Bavella. Mi sembrava che non avesse troppa voglia di parlare di se, per cui non avevo fatto troppe domande. E dunque, quel giorno la sua uscita un po’ mi stupì.
“E com’è?” gli chiesi. Un po’ per non perdere l’occasione di fare un minimo di conversazione, e un po’ perché veramente mi interessava e stavo iniziando ad accarezzare l’idea di andarlo a trovare nelle sue montagne, prima o poi.
“E’ un po’ come un porto. Un porto sicuro. Magari fuori infuria la tempesta e la gente arriva allo stremo delle forze. Anche impaurita. Molti hanno l’atteggiamento di chi ha temuto di morire. E qualcuno, magari, la vita l’ha anche rischiata veramente. E’ bello sapere di essere lì, di esserci sempre. Per chiunque abbia bisogno sul serio di me, e del mio rifugio. Mi è sempre piaciuto il mare e mi sono sempre immaginato di essere come uno di quei piccoli porti situati in posizioni strategiche. Quelli che servono soprattutto a dare riparo dalle tempeste. Le barche e le persone arrivano. E si fermano. Conosco e riconosco quegli sguardi, che riacquistano fiducia un po’ alla volta. All’inizio sembra che ti vogliano far capire che non se ne vorrebbero andare più. Qualcuno, donne soprattutto, me l’hanno anche confessato e poi proposto. Oppure, semplicemente, hanno prolungato la loro permanenza, giorno dopo giorno. Ma poi il tempo è migliorato. La tempesta è finita. E’ come il richiamo del mare aperto. Nessun marinaio resta tutta la vita al sicuro nel suo porto. Nessun escursionista resiste al fascino magnetico dell’esplorazione. E ripartono tutti e tutte. Ripartono sempre, in cerca di avventure. O forse in cerca semplicemente di vivere la loro vita. Che non è quella di chi, come me, gestisce un rifugio. Un posto sicuro, dove mettersi al riparo dalle intemperie, dai pericoli. Dove arrivare, restare un po’, e poi da cui ripartire. Magari anche, un giorno, tornare, ma solo per ripartire di nuovo.”
Era il discorso più lungo che gli avessi sentito fare da quando lo conoscevo.
Dopo qualche giorno la mia vacanza in Corsica terminò. Tornai a casa e rimanemmo in contatto attraverso i tanti strumenti tecnologici che ci danno la sensazione di non perderci più nel mondo e di restare collegati con tutta la sfera di amici e conoscenti. Mi inviava, ogni tanto, fotografie di quel posto incredibile dove viveva e mi invitava ad andarlo a trovare. Ma per qualche motivo non riuscivo mai a far combinare gli impegni, e il tempo passava e piano piano anche il contatto si fece meno intenso e frequente.
Fino a quando, pochi giorni prima di Natale, ecco che tutto sembra improvvisamente congiurare affinché io possa finalmente concedermi questa piccola pausa. Decido di non anticipargli nulla e di fargli una sorpresa. Accentuata dal fatto che è da un po’ che non ci sentiamo.
Entro e lui è lì, che mi sorride, come se mi stesse aspettando da sempre. E capisco che quello è l’atteggiamento giusto. L’accoglienza garantita di un “porto sicuro”. Mi guarda senza incertezze. Si avvicina. Ci abbracciamo dandoci robuste pacche sulle spalle.
“Ma non c’è tempesta”, scherza, “cosa sei venuto a rifugiarti a fare?”
Lo sguardo è quello che conosco. Il sorriso pure. Ma c’è qualcosa di indefinibile nei suoi occhi. Come se fosse in attesa di svelarmi un straordinaria, meravigliosa sorpresa.
E con un tempismo assolutamente perfetto (cinematografico, direi) arriva lei, straordinaria e meravigliosa e sorprendente. Me la presenta e lei risponde con tono confidenziale che mi fa capire che lui le ha già parlato di me.
La sera, seduti nella veranda vetrata, silenziosa e spettacolare, con le cime sulla destra e la valle a sinistra, mi racconta.
“Era capitata una prima volta allo stremo delle forze, nel bel mezzo di una delle tempeste più violente degli ultimi anni. Erano in tre, e devo ammettere che li avevo trovati piuttosto malconci. Si sono fermati qualche giorno e poi sono ripartiti. Pochi mesi dopo, ancora nel bel mezzo di una bufera, è arrivata ed era sola. Aveva litigato con non so chi, e aveva deciso di partire per quello che doveva sembrarle, a tutti gli effetti, il più inaccessibile ma anche il più accogliente dei luoghi. Si è fermata tre settimane, ma già dopo dieci giorni il suo sguardo si era fatto meno convinto, e sempre più spesso la vedevo scrutare le cime e la valle.” E mentre racconta me le indica muovendo la mano a destra e a sinistra. Decido di non interromperlo con domande inutili. Ma lui sorprendentemente interrompe da solo il suo racconto. E restiamo entrambi in silenzio. A goderci quella assoluta e totale assenza di qualsiasi rumore. Fino a che ci perdiamo, ognuno nei suoi pensieri.
All’indomani a colazione, improvviso e come se la sera prima non si fosse interrotto, prosegue.
“E’ ripartita ed ero convinto che non l’avrei rivista mai più. Del resto, pensavo, è il mio destino. Gestisco un rifugio e sono diventato un rifugio io stesso. E nessuno si ferma troppo in e con un rifugio”
“Sì, ma adesso è qui?!” non resistevo più dalla curiosità.
“E’ qui. E forse, questa volta resterà. Perché è arrivata con il bel tempo. Non cercava un riparo dalle intemperie, non aveva bisogno di rifugiarsi, di proteggersi da nulla. Qualche giorno fa abbiamo parlato e lei mi ha svelato che quello che l’ha affascinata sono io, ma quello che l’ha veramente travolta è l’atmosfera di questo posto, e soprattutto la consapevolezza di sentirsi appagata dal suo nuovo ruolo e dal fatto di condividerlo con me. Le ho raccontato della nostra vacanza in Corsica, e di quello che ci eravamo detti io e te sui porti sicuri e sui rifugi e lei mi ha detto che è proprio così che si sente.”
La guardiamo entrambi muoversi perfettamente a suo agio, agile e disinvolta e padrona assoluta degli spazi e di tutto l’ambiente, con uno sguardo, un sorriso e una parola per tutti quelli che hanno scelto di trascorrere qui il loro Natale. Poi con il suo sorprendente tempismo si gira verso di noi, mi guarda, lo guarda e i suoi occhi sono così rassicuranti e raggianti che mi sento certo da oggi li troverò entrambi, sempre e per sempre, dalla stessa parte.


DSC_0115Paolo Pagnini è nato, legge, scrive e vive a Pesaro.
Osservatore attento e curioso, si lancia in spericolate sperimentazioni nei più diversi settori: dalla comunicazione allo spettacolo, dalla radiofonia alla fotografia, dal commercio alla ideazione e promozione di iniziative turistiche, culturali e artistiche. Dedica grandi energie ed impegna il suo tempo migliore in cose di libri e di parole.
Tra queste gli piace ricordare l’iniziativa di divulgazione trasversale d_Vulgare (www.divulgare.info) e il progetto social I 44 racconti, un inedito esperimento di selfpublishing cartaceo di antologie di racconti “a tema e fuori tema” raccolti attraverso un gruppo facebook.
Firma la rubrica settimanale “La Moka” sul quotidiano fluviale online ilfoglia.it e collabora con il portale web “Il Cofanetto Magico”.

Ha appena pubblicato “L’ultima vita – Romanzo Polifonico” (www.facebook.com/lultimavitaromanzopolifonico/) con Bertoni Editore (http://www.bertonieditore.com/shop/100-paolo-pagnini) nel 2017 ha anche partecipato al volume antologico di Impressioni Pesaresi “Atarcont”, curato da Bruno Mohorovich.

Aggiorna quotidianamente il suo profilo facebook e frequentemente il sito web e risponde con estrema sollecitudine a messaggi in cinque diverse tecnologie. Lo potete trovare su www.paolopagnini.it e www.facebook.com/paolo.pagnini.14

Paolo ha voluto anche partecipare alla nostra piccola intervista sul Natale. Ecco le sue risposte.

1) Qual è il Natale che ricordi con particolare attenzione e perché?
– Il Natale del 1987 perchè l’ho trascorso in famiglia ma ero, al contempo, su tutti gli schermi di Raidue con la banda di “Indietro Tutta!”, in quando componente del “Pubblico del Nord”.

2) Se potessi scegliere, cosa vorresti ti regalassero per Natale?
– Un viaggio a New York per assistere allo spettacolo che Bruce Springsteen tiene a Broadway, con l’aggiunta dell’indispensabile “tocco magico” del poter riuscire a capire ogni sua parola; e come bonus il libro fotografico “Further Up The Road” di Frank Stefanko

3) Se pensi al Natale, quale racconto, romanzo o poesia ti viene in mente?
– La canzone “Natale” di Francesco De Gregori …

“Qui la gente va veloce ed il tempo corre piano
come un treno dentro a una galleria
tra due giorni è Natale e non va bene e non va male
buonanotte torna presto e così sia.
E tu scrivimi, scrivimi
se ti torna la voglia
e raccontami quello che fai
se cammini nel mattino e t’addormenti di sera
e se dormi, che dormi e che sogni che fai.”

4) Non è Natale senza… continua tu.
– l’atmosfera…

5) Pandoro o panettone?
– Panettone senza dubbi né esitazioni!

 

2 Risposte a “Sempre e per sempre”

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