È Natale, non soffrire più (no, scherzavo, soffri)

data 23 dicembre

È NATALE, NON SOFFRIRE PIÙ
(no, scherzavo, soffri)

Gianluca Morozzi

Se mi dite: Natale, senza specificare l’anno, io penso a una serie di cose piuttosto ordinarie. Il Pandoro, i tortellini in brodo di mia nonna, le lucine sull’albero. Nulla di molto originale.
Ma se mi dite: Natale 1991, allora sento risalire un nauseabondo sapore dal fondo dello stomaco.
E sento freddo.
Molto, molto freddo.
Tutta colpa, a suo modo, di Marianna.

Avevo notato Marianna all’Università, il primo giorno di lezione.
Quando l’avevo vista comparire con una minigonna a fiori, una canottiera che metteva in evidenza le sue forme rigogliose, gli occhi smeraldo, tantissimi capelli morbidi e neri sparsi sulle spalle abbronzate, mentre si sventolava con un ventaglio e si sedeva come si sarebbe seduta un incrocio tra Ava Gardner e Sharon Stone, avevo deciso di conoscerla. Non ero stato l’unico a fare quel pensiero nell’aula affollata, ma c’erano tantissime fuorisede venute a Bologna da ogni parte d’Italia, e gli sguardi si erano suddivisi tra venete, salentine, tanti capelli biondi o rossi o neri e canottiere e minigonne, insomma: mentre gli autoctoni puntavano le fuorisede programmando una romantica gita alla scoperta di una certa finestrella affacciata su un misterioso canale o ideando una classica serata sui colli bolognesi, io avevo scelto Marianna. Senza sapere ancora che si chiamava Marianna.
Ci avevo messo un mese per attaccare bottone con la classica scusa dello scambio di appunti. Carico di adrenalina per quel primo, isolato successo, avevo azzardato un invito al cinema Apollo, che per gli studenti applicava la splendida tariffa di dieci film per diecimila lire con tanto di bomboloni nell’intervallo. Incredibile a dirsi, Marianna aveva accettato.
Aspettando la proiezione di Palombella rossa (che avevo fatto finta di non aver già visto ai tempi della sua uscita in prima visione), avevo scoperto un po’ di cose su di lei.
Che veniva da Cropalati, in provincia di Cosenza.
Che il suo scrittore preferito era Andrea De Carlo.
Che il suo film preferito di tutti i tempi era Edward Mani di Forbice.
E che aveva avuto una storia di dieci anni con un certo Francesco detto Ciccio (si erano messi insieme alle elementari, in pratica), ma che avevano litigato per via dell’idea di Marianna di venire a studiare a Bologna e si erano lasciati.
Mentre il film cominciava, io soppesavo i vari elementi.
Su Andrea De Carlo potevo basare lunghe e belle conversazioni basate su Due di Due o Tecniche di seduzione.
Su Edward Mani di Forbice potevo analizzare la filmografia di Tim Burton e la carriera di Johnny Depp.
Sulla fine della sua decennale relazione, beh, chiodo scaccia chiodo. Tra un film all’Apollo (ne avevamo ancora nove sulla tessera) e un dibattito su Macno, le sarei di certo entrato nel cuore.
Più o meno a novembre, dopo due mesi di corte mascherata con risvolti intellettuali, avevo gettato la maschera e dichiarato le mie serissime intenzioni. Marianna, mentre le esponevo i miei sentimenti seduto a un tavolaccio di legno di un’osteria di via del Pratello, aveva reagito in modo medio. Cioè, non era scappata urlando, ma non mi aveva neanche afferrato per il bavero per baciarmi con passione.
Mi aveva ascoltato con le braccia conserte, aveva annuito, e aveva detto solo: Lo sospettavo, ma non ne ero sicura al cento per cento.
Non la più grande frase d’amore del secolo, direi. Ma neppure Sparisci, rospo.

E così era passato un altro mese, l’autunno era diventato inverno e Marianna, niente da dire, stava bene anche con i maglioni pesanti e le sciarpe grezze comprate al bersaniano Mercatino dei Freak. Le vacanze di Natale si avvicinavano, e tra noi non c’era stato ancora un mezzo bacio o una traccia di avvicinamento.
Il 20 dicembre la bella Marianna sarebbe tornata a Cropalati, ma attenzione: pur con l’ovvia intenzione di passare i momenti di festeggiamento in famiglia, per la maggior parte del tempo si sarebbe chiusa nella casa vuota della nonna morta, isolata e sola, per preparare a dovere Diritto Civile. Con la scusa di volerle fare gli auguri di buon anno, in quel mondo ancora pre-cellulari, avevo estorto il numero di telefono di casa della nonna.
Avevo un piano.
Cosa piace alle ragazze, pensavo? L’uomo romantico, pronto a grandi gesti dimostrativi della propria incontrollabile passione. Così avevo studiato treni locali a lunga percorrenza e pullman per farle una sorpresa: sarei apparso a Cropalati con un bellissimo, doppio regalo per lei, senza preavviso. Lei mi avrebbe accolto stupita sulla soglia della casa della nonna, mi avrebbe fatto entrare con gli occhi di Meg Ryan di fronte a Billy Crystal nel finale di Harry, ti presento Sally, e avremmo passato giorni e giorni ad amarci cullati dall’accogliente Calabria.
Il primo regalo era stato facile: in un negozio di fumetti e oggettistica varia, avevo trovato una statuina di Edward Mani di Forbice alta trenta centimetri.
La costruzione del secondo regalo era stata invece meticolosa e complessa. Tra i dieci film dell’Apollo c’era anche un altro film di Nanni Moretti, il celebre Bianca. A Marianna era piaciuta molto la scena in cui Moretti mangia grandi cucchiaiate di Nutella da un bicchiere alto quasi quanto lui.
E io avevo colto l’occasione.
In un negozio di giocattoli avevo acquistato un box di plastica trasparente pieno di peluche e alto un metro e mezzo. Avevo tolto i peluche, avevo comprato una ventina di barattoli di Nutella e poco alla volta, con molta pazienza e molto amore, ne avevo riversato il contenuto nell’immenso contenitore. Alla fine sembrava proprio il bicchierone gigante di Moretti, con un po’ di fantasia.
Con un ultimo sforzo avevo avvolto quel mostro nella carta regalo, e con i miei ultimi soldi da studente avevo comprato i biglietti per il mio viaggio a sorpresa. Il giorno della Vigilia, avevo iniziato il mio romantico cammino verso orizzonti d’amore a base di afrodisiaca crema alla nocciola.
Avete mai provato a viaggiare con mezzi economici verso la provincia di Cosenza tenendo in braccio un pesantissimo bicchiere di un metro e mezzo? Ecco: non fatelo mai. Specialmente se l’altro regalo è sì più piccolo, ma ha le mani a forbice tagliente.
Quand’ero finalmente arrivato a Cropalati, distrutto dalla traversata e dal trasporto di quei regali infernali, era tarda sera, era buio e faceva freddo come neanche nelle peggiori serate di Bologna. Ma tanto la meta era vicina, e ci avrebbe pensato Marianna a scaldarmi. Magari aveva anche un camino, in casa della nonna. Dovunque essa si trovasse.
Avevo cercato una cabina telefonica, ci avevo incastrato il mostruoso bicchiere, appoggiato sopra Edward Mani di Forbice e avevo composto il numero estorto con l’astuzia.
Marianna ci aveva messo parecchio a rispondermi, un po’ affannata. Io gongolavo: avevo iniziato a parlare del più e del meno, in attesa di calare il carico da undici e dirle che le stavo telefonando da vicino, da molto vicino…
Poi avevo sentito in lontananza, dall’altro capo del filo, una voce di uomo piuttosto impaziente. E Marianna, gentile ma sbrigativa, mi aveva spiegato che in quei giorni si era rivista con Francesco, detto Ciccio. E che, in pratica, le vacanze le stava passando con lui.
Mi aveva liquidato con un ciao, ciao, ci vediamo a Bologna.

A quel punto, poco a poco, avevo realizzato.
Considerate che il primo mezzo di trasporto per tornare indietro passava solo la mattina dopo. Considerate che, dopo le mostruose spese sostenute per fabbricare il regalo e per il viaggio, non avevo più un soldo per permettermi un albergo. E che fuori faceva un freddo inqualificabile.
Insomma: avevo trascorso la notte tra il 24 e il 25 dicembre raggomitolato nella cabina telefonica, sperando che le pareti mi riparassero dai venti ghiacciati che ululavano per tutta Cropalati. A un certo punto avevo cercato di scaldarmi con la Nutella e, no, non avevo un cucchiaio. Mangiarla a manciate?
Poi mi era caduto l’occhio su Edward Mani di Forbice.

Avevo mangiato Nutella per ore, salvandomi forse dalla morte per congelamento, ma imbrattandomi in ogni dove.
L’occhiata dell’autista del pullman – in servizio il giorno di Natale e quindi di pessimo umore – quando il giorno dopo mi aveva caricato era stata una sciabolata disgustata.
Se non avete mai viaggiato da Cropalati a Bologna con mezzi economici dopo una notte al freddo e al gelo e con la pancia piena dell’equivalente di cinque barattoli di Nutella, ecco: non fatelo mai.
Per quanto si possa ricavare qualcosa di positivo anche dalle esperienze più imbarazzanti. Per esempio: non soffri per un cuore spezzato, quando sei occupato a non vomitare sul pullman per tutto il viaggio dalla Sila alla tua innevata città.


onda sonica 5 Gianluca Morozzi è nato a Bologna nel 1971. Ha esordito nel 2001 con il romanzo “Despero” (Fernandel) e ha raggiunto il successo nel 2004 con “Blackout” (Guanda), da cui è stato tratto il film omonimo. Ha pubblicato finora 24 romanzi e 212 racconti. Oltre che scrittore, è musicista e conduttore radiofonico. I suoi ultimi romanzi sono “Lo specchio nero” (Guanda) e “Confessioni di un povero imbecille” (Fernandel).

 


Anche Gianluca Morozzi ha partecipato al nostro gioco sulle curiosità legate al Natale. Ecco le sue risposte.

1) Qual è il Natale che ricordi con particolare attenzione e perché?

Quello di cui parlo in questo racconto. Gelido, nauseabondo, ma a suo modo romantico.

2) Se potessi scegliere, cosa vorresti ti regalassero per Natale?

Un weekend con Emma Stone.

3) Se pensi al Natale, quale racconto, romanzo o poesia ti viene in mente?

Posso dire una canzone? Quella dei Pogues, “Fairytale in New York”.

4) Non è Natale senza… continua tu.

Il Christmas Special di Doctor Who.

5) Pandoro o panettone?

Pandoro. Ripieno, se possibile.

 

2 Risposte a “È Natale, non soffrire più (no, scherzavo, soffri)”

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