L’ultimo Natale

data 24 dicembre

L’ultimo Natale

Tiziana Balestro

Squilla la campanella.
– Ciao, ragazzi! Ci vediamo il sette gennaio, mi raccomando fate i bravi.
La professoressa di latino non fa in tempo a terminare la frase che gli studenti sono già fuori dall’aula. Elsa sta aggiustando ancora lo zaino: non ha fretta.
– Ferrotti, si sente bene?
– Sì, professoressa.
– Va bene. Passi buone feste.
– Altrettanto, professoressa.
Passando per il cortile, il vociare degli studenti si fa carico di gioia. Le meritate vacanze natalizie; sì…perché per uno studente nulla è più liberatorio come l’ultimo giorno di scuola prima di una festa comandata.
Comandare, verbo infinito tempo presente.
Al cuor non si comanda. Cos’è questo? No, non ci siamo, non è la storia che vorrei scrivere. Se credi che dovrei parlare del Natale come un periodo di gioia, abbondanza, ilarità, ti stai sbagliando. Non voglio scrivere di comandare qualcuno di essere felici perché a Natale si deve esserlo per forza.
Assolutamente no, non è per forza un giorno di festa.
Elsa non ha l’aria felice, eppure mancano tre giorni esatti alla natività di nostro Signore.
Elsa si ferma qualche minuto fuori dal cancello della scuola prima di incamminarsi a piedi verso casa. Le vetrine rilucono nel loro allestimento tra fiocchi di neve e finti pacchetti regalo. A Natale non si bada al risparmio. Tu lo vedresti un Natale senza luci intermittenti, l’albero, i dolci, gli acquisti, i pacchetti da incartare, il presepe, le canzoni natalizie a ogni pubblicità, i film visti in televisione, la messa di mezzanotte, la letterina a Babbo Natale e il suo “oh, oh, oh?”
Quello che per qualcuno può essere bello, per altri non lo è. Su questo non dovresti che darmi ragione.
Elsa arriva a casa. La madre tornerà dal lavoro alle diciotto. Ha tutto il tempo per ascoltare un po’ di musica e riposarsi. Non ha fame. Già sente le lamentele della madre che ripete come uno dei suoi dischi nel momento del ritornello: “Mangia che sei secca.”
Tanto vale andare subito a buttare tutto nella pattumiera, nel cestino della spazzatura in cucina sarebbe impensabile. La madre accorgendosene l’assillerebbe per ore.
Cuffie nelle orecchie e si abbandona alla musica. All’inizio si mette a canticchiare uno dei suoi pezzi preferiti, quello dei “Depeche Mode”, ma è così debole che si addormenta.
Anche tu penserai che è quasi impossibile trovare soporifera una canzone del suddetto gruppo, se non altro per il ritmo delle loro canzoni. Credi che la debolezza di Elsa sia causata dalla sua inappetenza? In questo periodo, poi. Natale è alle porte, non è il momento giusto per mettersi a dieta. Abbiamo già visto che è magra, non ha bisogno di rinunciare alle delizie del palato. Sarà innamorata? L’amore toglie l’appetito.
La musica continua il suo andamento nell’orecchio destro, l’auricolare sinistro le è scivolato sotto il collo. Mentre si risveglia, sente la chiave girare nella serratura.
– Cavolo, la mamma – sussurra.
– Elsa, sono tornata, tutto bene?
– Sì, mamma.
Sistema la cameretta in poche frazioni di secondi grazie al vecchio sistema del “butta tutto dentro l’armadio e pensaci dopo”.
– Elsa, hai mangiato?
– Sì, mamma.
Sì dissero rispettando un copione.
La madre come un disco: – Come è andata a scuola. Che voti hai preso. Che vi ha detto la professoressa. Cosa hai fatto.
“ Hai mangiato” è sempre in cima alla classifica. Elsa non ha la minima voglia di fiatare, figuriamoci dialogare. La musica nelle orecchie è l’unico suono che desidera ascoltare. Sua madre lo dovrebbe capire, sono tre anni che non le va di fare grosse conversazioni. A volte Elsa non riesce a capire perché sua madre parli così tanto. Anche per lei è stato un trauma tutto. E allora? Perché non si quieta? Perché si ostina a voler fare come se niente fosse? Che ci fa quell’albero in salotto da decorare e il presepe? La tradizione. Lui lo “voleva” e noi dobbiamo continuare a farlo. Ecco le parole che Elsa si sente ripetere da tre anni. Maledizione! Come si fa a stare così? È Natale!
Mio caro lettore, hai mai sentito di qualcuno a cui la natività non piace? Io no. Ma evidentemente ci sbagliamo. Elsa odia il Natale. Credi che dovrebbe lasciarsi andare come sua madre? In fin dei conti è Natale.
Elsa conta i giorni che la separano al sette gennaio. E siamo solo al ventitré di dicembre. Intanto scarabocchia sul taccuino. Il disegno è una delle sue attività preferite. La musica immancabile nelle sue orecchie che la porterà alla sordità: così sostiene sua madre.
– Ora mi hai veramente stancato. Sono quattro volte che ti chiamo e non mi rispondi. Tu e la tua musica. La tua maledetta musica che ti isola da me – urla la madre, irriconoscibile.
Le strappa gli auricolari così forte che le si stacca un orecchino.
Getta a terra il lettore cd vicino ai suoi piedi. Elsa è immobile, si è quasi dimenticata di far uscire l’aria, di respirare.
Pochi secondi dopo:
– Pensi che a me piaccia vivere così, eh? No… io non voglio perdere anche te, faccio di tutto per far finta che vada tutto bene. Anche ora che è Natale. Lo sai dove lo butterei quell’albero? Nella pattumiera. Il presepe, le decorazioni, i dolci, gli auguri… li odio, li odio!
– Se non fosse stato per quel regalo dimenticato al negozio, tutta quest’atmosfera sarebbe diversa. Non vivo più dal giorno in cui hanno investito tuo padre. Sopravvivo. Per cosa? Per tuo padre che non c’è più e tu che mi passi davanti come un fantasma? Che senso ha festeggiare? Vattene. Esci da casa a farti un giro, ora sono io che non voglio nessuno vicino a me. Butta tutto, non desidero un oggetto che mi ricordi il Natale.

Se questo ti ha sorpreso è perché non conoscevi la madre e il suo dolore. Sanno essere forti, ma non pensi anche tu che nessuno ci può imporre di mostrarci felici per forza? “Dopotutto è Natale” è un buon finale da film, ma io non volevo raccontarti questa chiusura. Elsa, dopo l’attimo di smarrimento, abbandona sul letto il lettore cd con un colpo secco attutito dal piumone del letto. Si dirige in salotto ed esce con quanta più roba possano contenere le sue esili braccia. Gettato tutto, torna dalla madre che era distesa sul letto. A piccoli passi si avvicina al bordo del piumone e si infila dentro, vicino a lei. Non si dicono nulla, si addormentano abbracciate tra un singhiozzo e l’altro.
Si sono ritrovate e, per loro, conta solo questo. Senza tante ostentazioni, senza tanti addobbi. In fondo lo spirito del Natale è questo: passare del tempo in famiglia ritrovando l’affetto e la voglia di stare insieme. Pensi anche tu che sia così? La storia finisce con loro dentro un letto, anziché in salone con l’albero acceso e i regali da scartare.
– Auguri, mamma!
– Auguri, Elsa – asciugandole le guance.
Buon Natale anche a te che stai leggendo.


tiz modTiziana Balestro è nata nel 1977 in un paesino umbro. Madre di due splendidi bambini prim’ancora di ogni altro lavoro, attività e passione. Amante delle lingue straniere, in particolare dello spagnolo che ha studiato da autodidatta, come molte delle sue passioni. Nell’ultimo anno ha pubblicato racconti su diverse antologie. Il seguente racconto è pubblicato in “Storie di Natale” (terzo volume dopo le precedenti antologie solidali “Buck e il terremoto” e “Storie di gatti” il cui ricavato andrà alla Croce Rossa Italiana a favore delle zone terremotate del centro Italia). Durante l’anno in corso ha vinto vari contest letterari (per citarne uno quello della Mondadori: Storie delle buonanotte per bambine ribelli: 101 donna ribelle). Co-autrice di questo blog, è la parte femminile che inventa storie, articoli, anche in collaborazione con Calibano.


Anche Tiziana si è sottoposta alla nostra piccola intervista sul Natale. Ecco le sue risposte.

 1) Qual è il Natale che ricordi con particolare attenzione e perché?

Ricordo il Natale del 2007. Un mese prima nacque mio figlio e durante le festività natalizie m’ammalai. Dopo la gioia della nascita, mi aspettò un Natale di dolori soprattutto perché allattando non potevo prendere medicinali più forti che potessero guarirmi in fretta. La convalescenza durò, per questo, oltre capodanno. Da dimenticare, ovviamente.

2) Se potessi scegliere, cosa vorresti ti regalassero per Natale?
Vorrei che mi regalassero dei libri o in alternativa una gita a sorpresa.

3) Se pensi al Natale, quale racconto, romanzo o poesia ti viene in mente?
Il Natale da piccola era fantastico: l’aspettavo sempre con un certo fermento. Da grande, forse a causa di perdite familiari e varie vicissitudini, non mi piaceva. Contavo i giorni che mi separavano al 7 gennaio. Per cui mi rivedo nel Grinch e le sue avventure narrate dal Dott Seuss.

4) Non è Natale senza… continua tu.
Non è Natale senza l’albero, il presepe che faccio con i miei bambini. Più tutti i lavoretti con carta, forbici, colla per creare ad esempio un calendario dell’avvento o semplicemente biglietti d’auguri.

5) Pandoro o panettone?
Anni addietro avrei optato per il pandoro, ultimamente propendo per il panettone. Sono golosa e dico entrambi.

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