La prima volta de “La voce di Calibano” VI° giorno

Quando ho pensato di raccontare una “prima volta”, d’istinto mi sono venuti in mente due momenti: la prima volta che ho fatto l’amore e quando sono diventata madre. Due momenti importanti nella mia vita, come in quella di ogni donna e madre. Ci ho pensato ancora e ho deciso di virare su qualcosa che fosse più leggero e non raccontasse di questioni così intime.
Il sesso, la prima volta è particolarmente “segnante”, sai che stai diventando donna e le tue pulsioni, fino ad allora frutto della fantasia, diventeranno reali nel fare l’amore con il tuo compagno. Volevo tenere per me, quel ricordo. E che dire della prima volta che hai sentito tuo figlio piangere? La prima volta che diventi madre è qualcosa d’indescrivibile, non saprei trovare le parole giuste per raccontarlo. Volevo condividere qualcosa di meno impegnativo, ma vero, reale, io che di solito parlo di me con fatica. Ma questo non è che un mini assaggio, un aneddoto divertente che ripensandoci può essere una spiegazione al mio studio della lingua spagnola. Perché? Leggetelo e capirete.

La prima volta in volo verso la Spagna

2018-Tiziana Spagna

Il cuore batte forte e ti stringo la mano. Forse abbiamo paura, tu più di me anche se per te, non è il primo viaggio in aereo. Io sono così eccitata; non sono mai stata su un volo aereo e l’incoscienza si mescola all’emozione di felicità: la prima volta che viaggio con te e per giunta su un aeroplano. Non so cosa mi spinga, poi, a rilassarmi, dopo un inizio di terrore; la tua faccia è ancora tesa e io non faccio altro che godermi ogni novità: il discorso dell’assistente di volo, il panorama da un finestrino ovale, l’idea di andare in Spagna e la tua mano che avvolge la mia e viceversa. Si vede che stiamo insieme da poco, l’aria felice è stampata per tutto il giorno in mezzo agli altri, persi nelle chiacchiere o, al contrario, in mute reazioni. Anche qui: io esterno con le parole la felicità del nostro primo viaggio, tu taci e mi fai capire la contentezza con i tuoi gesti finché non parte l’aereo e questa stasi emotiva rimane in perfetto equilibrio per tutto il percorso Roma – Palma di Maiorca. I cuori sono sospesi per poi atterrare in albergo. Tutto così strano: dal dividere per una settimana gli oggetti e le abitudini in quella stanza fino a conoscere ogni piccolo particolare del nostro linguaggio fisico e mentale. La nostra prima (breve) convivenza per giunta lontano da casa. Sarà per questo che troviamo tutto interessante, stimolante ai nostri occhi. Ci accendiamo come le luci del sole in spiaggia (per altro con una sabbia bianca e finissima) o come quella delle tante discoteche che illuminano il viale di Santa Ponsa. Le mani sembrano appiccicate nonostante il caldo, si staccano per poco, il tempo di una canzone anni ‘80 che balliamo. Vederti muovere mi provoca una risata, sei il solito palo in mezzo alla pista e la tua timidezza va oltre fregandosene di figuracce, visto la tua esibizione poco elegante. Una sigaretta. Un po’ di relax dopo tanto ballare. Una foto sulla panchina fuori dal locale: io, te e la sigaretta. Ci facciamo scattare la foto da un ragazzo che ha la metà degli anni nostri e ci scappa una risata. Saremo i più vecchi. Dal ridere quasi ti cade la sigaretta. Lasci le mie spalle che cingi per fare la foto e tasti i pantaloni come un poliziotto che cerca la refurtiva. Dell’accendino nessuna traccia e io non fumo. Non mi sono portata neppure la borsa, tutto infilato nei miei jeans. Poche cose portate; voglio essere libera di muovermi in una città che mi è piaciuta da subito, libera di stringerti, libera di ballare. Chiedi tu per accendere, mi sussurri. E come si dice accendino in spagnolo? Non lo so. Arranco uno spagnolo maccheronico e l’unica cosa da fare, oltre a chiedere “fuego”, è quella di mimare col pollice il gesto dell’accendino. Tu sei sulla panchina, io mi sono spostata verso un signore con la sigaretta in bocca. Avrei potuto prendere la tua sigaretta e farmela accendere. Nella fretta non ci ho pensato, ma almeno ho provato a interagire in una lingua non mia. Ci si capisce lo stesso, non sono lingue troppo distanti, ma non basta una ‘s’ per parlare spagnolo. Sigaretta accesa e nuova parola da cercare sul dizionario e nuovo giro di parole, musica, aria salmastra e mani incrociate. E baci al sapore di nicotina. Forse non sono così male le tue labbra al sapore naturale, senza aver fumato. Speriamo che la prossima volta ti dimenticherai le sigarette, oltre l’accendino.

N.b. in spagnolo accendino si dice: encendedor.

 

8 Risposte a “La prima volta de “La voce di Calibano” VI° giorno”

  1. In questo racconto risalta quello che definirei una qualche forma di “candore”, di purezza. Sei tornata e ci hai fatto tornare – complice forse la millantata, ma vera e sanissima timidezza – alla visione di allora, agli occhi, all’animo di allora. C’è, in questo, la “prima volta”. La vedo nelle mani, vere protagoniste del racconto (più dell’accendino), nello stupore, nella benefica finzione dell’entusiasmo e dell’innamoramento, la vedo in quel (primo, acerbo) desiderare un cambiamento nell’altro (l’ultima sigaretta).

  2. Ci sono prime volte così personali che non tutti hanno la voglia o il coraggio di parlarne. Giusto che sia così!
    Poi, ci sono aneddoti simpatici, pieni di vita, voglia dii vivere e gioire che non possono star chiusi. Han voglia di uscire.
    Bel ricordo!

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