Italia batte Irlanda due a uno

La passione per la scrittura può portare a scrivere in coppia? Sì, se c’è una sintonia. O perlomeno ci si prova: per caso, o programmando un lavoro di scrittura a due. Volenti o nolenti è ciò che è capitato fra me e Paolo Costantini. Io e Paolo ci siamo conosciuti (virtualmente) grazie a un forum letterario. La scrittura, la lettura sono passioni comuni, coltivate con altre persone. Non solo: entrambi abbiamo origini umbre, siamo nati sotto il segno dei Pesci, ma soprattutto abbiamo rispetto, stima e una naturale capacità di collaborare nella scrittura. Lo scrivere ci tiene attivi: ci ritroviamo sempre lì a parlare, a condividere, a vivere la scrittura anche durante le fasi meno brillanti e/o produttive. Cosa c’è di più bello che condividere con qualcuno i propri scritti? E allora dici alla prima occasione: “Perché non scriviamo insieme?” La risposta è qua sotto con questo racconto.

Grazie a Paolo Costantini per aver scritto con me, per la pazienza, per la voglia di mettersi in gioco e per condividere una passione comune. E per l’amicizia che unisce due persone nel buttarsi insieme in racconti, letture e consigli utili.

Italia batte Irlanda due a uno

Tiziana Balestro e Paolo Costantini

Photo By Roberto Di Veglia

La sveglia sul comodino proietta l’ora sul muro. Le sei e mezza. Per arrivare in tempo all’aeroporto mi basta alzarmi alle otto. Ma chi dorme più, ormai?

Ieri sera abbiamo fatto l’amore per l’ultima volta. Katie dorme ancora, con addosso solo uno slip nero e una mia maglietta dei Red Hot Chili Peppers. Per stare in casa mettesempre le polo e i maglioni che mi ruba; le mie t-shirt invece le indossa al pub, dietro al bancone. Dice che sono più comode e che non le fasciano troppo i fianchi quando serve i clienti. Le magliette sono così poco sensuali e poco femminili, che spera nell’allontanamento di quegli ubriachi cronici che frequentano il “Red Foxie”. La assecondo, anche se la preferisco quando si cambia d’abito per andare a fare la baby-sitter dai Roland.

Katie è camaleontica. La prima volta che l’ho vista al pub era truccatissima, con i capelli fucsia e un abito corto psichedelico da farmi girare la testa. Impazzisco per quelle forme giunoniche che poco prima di svelsrmisi erano coperte da triangoli, spirali e cerchi della stoffa.

Eppure dovrei essere abituato alle stoffe, che vedo ogni giorno all’arrivo in ditta. Il piano di sotto è quello delle sarte: stridio meccanico e intermittente del taglia e cuci, ticchettio delle macchine lineari e sbuffi di vapore dalla pressa per stirare, gestita da operaie in maniche corte anche d’inverno. Prima di salire in ufficio le sbircio dalla porta in fondo alle scale, lasciata aperta per dare aria. La cravatta mi soffoca, Katie ha fatto il nodo troppo stretto. Mi rimprovera spesso per la mia imbranataggine nel vestirmi.

Anche Eleonora è costretta a prepararmi il completo in bella vista sul letto.

A che ora arriverai a Roma?”

Non prima delle undici.”

Sai che si iniziavano a distinguere manine e piedini?”

Non vedo l’ora di vederli! Ti lascio, amore, devo sbrigare un po’ di cose.”

Ti amo, Gianni. A domani.”

A domani, tesoro.”

È veramente un amore. Eleonora mi coccola: sorprese ovunque, messaggi lasciati in cucina con post-it gialli microscopici che per leggerli devo inforcare gli occhiali. Mi ha talmente riempito d’affetto che non sentivo più l’esigenza di volare da un fiore ad un altro.

Ma ormai sono due anni che Katie vive con me. Da quella volta al pub. Torno a Roma soltanto per alcuni giorni ogni due mesi circa.

Stavolta credo di essermi superato. Sto per diventare papà e tutti si aspettano il mio ritorno in Italia. Non so come io sia riuscito a sdoppiarmi così; solo una volta Eleonora ha sospettato, quando al telefono ha risposto Katie. Non conoscere le lingue altrui a volte aiuta.

Perché non vieni anche tu con me?”

Non me la sento. Mamma e papà da soli, qui...”

Se la cavano, eccome. Tuo padre ha diretto la sartoria per anni.”

Sì, ma ora sono io la modellista. Mio padre non sa disegnare i modelli e nemmeno le sarte, lo sai.”

Organizza un corso per modelliste: impareranno.”

Ma ci vorrebbero mesi! E poi, di loro non mi fido più di tanto.”

Non avrebbe dovuto fidarsi neppure di me. Senza una donna vicino non so come fare. Maledetta quella voglia di birra, giusto per smaltire un’arrabbiatura con i fornitori. Benedetta sia la donna nella figura di Katie. Grazie a lei so tutto sull’Irlanda; le ho anche promesso di accompagnarla a Dublino dai suoi genitori.

Quando è libera dai suoi lavori, di solito il giovedì, ci mettiamo sul lettone, teste attaccate, libro in mano e solo la sua voce che legge Dubliners di Joyce:

Si passava per strade sfolgoranti di luci, fra gli spintoni degli ubriachi e delle donne che contrattavano, fra le imprecazioni degli operai, le stridula litanie dei garzoni che facevano la guardia ai barili di carne salata, le nenie nasali dei cantastorie che intonavano inni su O’ Donovan Rossa o ballate sui tumulti della nostra terra.”

Altre volte mi suona con il pianoforte Rapsodia in blu di Gershwin. Il tempo si ferma in sua compagnia, avrei voluto restare così in eterno. Il momento più bello è quando ci scambiamo le nostre confidenze. Ho pensato spesso che Katie fosse davvero quella giusta. Ci siamo scelti in un pub pieno di gente, affumicato, aria malsana, tra un brusio fastidioso e due spallate al bancone per osservarla meglio.

Ed Eleonora? Se ripenso alla prima volta che ne ho sentito la voce…

Signorina, mi può lasciare il suo numero?”

Ma… io non la conosco.”

No, guardi, non fraintenda. Sto facendo una ricerca di mercato per il professor La Manca.”

E cosa vuole sapere?”

Sto studiando Nash e, secondo la cosiddetta ‘teoria del prigioniero’ l’ostilità tra due aziende concorrenti non funziona. Meglio trovare un accordo.”

E io che c’entro?”

C’entra, signorina, c’entra. Se tutti gli uomini facessero la corte alla più bella come te… Posso darti del tu? Io sono Gianni.”

Va bene, Gianni. Io mi chiamo Eleonora.”

Eleonora, dicevo, se tutti ti facessero la corte, ci sarebbero poche chance per conquistarti, se puntiamo a un’unica ragazza. Invece, se ognuno mira verso una donna, le probabilità di riuscita sono maggiori.”

Mi ascoltava fissa, senza interrompere, mi ascoltava ed ero felice.

Scusami, non capisco…”

Hai ragione, sto facendo confusione. Il fatto è che tu sei così bella da far impazzire ogni teoria e ogni studente. Ma nella scienza contano i dati sperimentali.”

Quindi?”

Quindi, se vuoi, posso essere tuo prigioniero, e vediamo se la teoria funziona.”

Ha riso, finalmente la timidezza è venuta meno. Cos’è che la frenava? L’ho saputo dopo, quando mi ha detto della brutta esperienza col suo precedente ragazzo. Le ragazze dolci incontreranno sempre uno che le farà soffrire. Uno come me.

Due donne stupende che mi amano, e io lo stesso. A decidere è stato il mio sperma. Per il calcolo delle probabilità avrei dovuto diventare padre grazie a Katie. Invece, Italia batte Irlanda uno a zero, e senza rigori: una limpida vittoria sul campo.

Un bambino. Sono pronto? Non ho scelta, devo accoglierlo. Io, Gianni Dominici, devo prepararmi a questo, e non sono neanche capace di lavare due piatti. Mia madre mi ha viziato, così come Eleonora. Dopo il primo mese trascorso da solo, i mucchi di panni e di piatti facevano a gara su quale fosse il più alto.

Tra mezz’ora sarò in Italia. Non ho visto il pancione di Eleonora, ma deve essere proprio bello, stando all’entusiasmo con cui me lo descrive. Quando ne parla non sono capace di nascondere un sorriso. Se sarà maschio gli insegnerò a giocare a tennis, e se sarà una femminuccia l’accompagnerò a danza – almeno così faceva mio padre con me e mia sorella.

Le vibrazioni del cellulare mi annunciano tre messaggi.

Tornare da Eleonora mi scuote. Vivrò con una donna bella, dolce, tranquilla e in pochi mesi diventerò marito e padre. Allora perché continuo a guardare Katie? Una giovane studentessa matta da legare e con un corpo da pin-up, contro una donna longilinea e seria.

Non voglio stare senza Eleonora. Ci conosciamo da troppo tempo per troncare, e non voglio farle del male. D’altra parte, Katie è Katie. Un alimento per il mio testosterone, credo.

Sono confuso.

Mancano dieci minuti alle otto, è quasi il momento di alzarsi.

Le otto? Stanotte scattava l’ora legale.

Ieri sera non ho rimesso la sveglia.

L’aereo.

Perso.

Chissà quando trovo un altro volo per Roma, e ora? Chiamo l’aeroporto, no, meglio internet, un last minute, chissà.

E il bambino? Il mio bambino? lo devo vedere, devo vedere le ecografie, voglio vedere le ecografie, le manine, i piedini – e la vita intera, che fine fa?

Tutto andato a monte. Tutto a monte. Tutto.

E se Katie si sveglia? Cosa le dico? Che dovevo prendere un aereo e che stavo per abbandonarla? E che magari è anche colpa sua, visto che abbiamo fatto l’amore e a quel punto chi ha più pensato a rimettere l’orologio?

Devo decidere. Ora. Subito.

Decidere un gesto, un’azione che potrebbe cambiare la vita di tre persone – anzi, di quattro persone – in pochi secondi.

Cos’è “decidere”? All’interno dei neuroni si propagano segnali elettrici, si attivano e si inibiscono recettori chimici, in frazioni di secondo succedono chissà quanti milioni o miliardi di eventi di chissà quale genere, e poi altre frazioni di secondo e ancora milionate e miliardate di eventi biochimici, bioelettrici, e poi altre, e altre ancora – infine tutto si stabilizza (si fa per dire), si appiana come l’acqua di un laghetto di montagna dopo che una gragnuola di massi ha finito di franarci dentro: ed ecco la “decisione”.

Tre persone avranno decenni della loro vita segnati da questo microscopico ed esplosivo brulichio neurochimico. E per una di queste tutta la vita sarà segnata, compresi i restanti due mesi del suo tranquillo fluttuare intrauterino.

Esiste un destino? Oppure esiste un Progettista capriccioso che si prende gioco di noi? O un Dio dal disegno imperscrutabile, che ci ama e punta sempre a una nostra felicità futura – e non è dato sapere dove si situerà quel momento di felicità?

Domande prive di senso. Noi esseri umani pensiamo a una felicità qui e ora, vogliamo stare bene qui e ora.

Faccio finta che esista un destino comprensibile agli umani, e faccio finta che le sue parole siano gli accadimenti della vita.

Così parlò il destino: ecco il titolo della performance di stamani. Il destino mi ha detto quello che dovrò fare. Resterò con Katie. Per tutta la vita. Eleonora? Il bambino? Vedremo. Chiamerò subito l’agenzia di viaggi per cercare un last minute, ma non per Roma. Partiremo verso un luogo lontano, molto lontano.

Le farò una sorpresa. Le farò trovare i biglietti sul comodino: “Sbrigati, nel pomeriggio partiamo, prepara la valigia!” Troverà una collega che la sostituirà, poi una telefonata al pub, e via! Pareggio dell’Irlanda.

Ecco, manca un minuto alle otto, anzi, alle nove. Tolgo la suoneria. Ah, i messaggi.

Amore, non riesco a dormire, sono tesa.

Mi sono svegliata tre volte stanotte, ma non volevo disturbarti. Ora so che sei sveglio. Tra poco hai il volo.

Mandami un messaggio prima di imbarcarti. Ti amo.

Cancellati. Dov’è finito quel mondo? Dove lo ha portato il destino?

Un momento.

Perché il telefono segna le otto in punto?

Il telefono si reimposta automaticamente con l’ora legale, lo ha sempre fatto. Quindi l’ora è giusta… E la sveglia?

Ma certo! Questa sveglia è in realtà molto smart, un piccolo computer, e come in tutti i computer, l’ora legale si autoimposta.

Questa è l’ora di alzarmi e di andare all’aeroporto.

Così parlò il destino. Aveva già parlato da tempo, a dire il vero. Dunque, quella di dieci minuti fa è stata soltanto una piccola incomprensione? Un tasto premuto per sbaglio nella fretta di digitare? Un gioco stile Settimana Enigmistica: cambio di vocale, anagramma, cambio di iniziale – ed ecco una parola dal significato diverso, se non contrario?

Il mio destino è Eleonora. Poco dopo aver rimesso la palla al centro, l’Italia ha di nuovo insaccato. Katie è forte, per lei la sfera di cuoio tornerà a rotolare con profitto e divertimento.

Devo andare, il volo per Roma mi aspetta e se non lo prendo non avrò più il coraggio di lasciare la donna che dorme qui accanto a pancia in giù. Le vorrei sussurrare all’orecchio le frasi più sconce per tornare ad averla mia.

La guardo ancora; quel tatuaggio sopra il fondoschiena mi attira. I capelli color grano maturo le arrivano a metà della schiena e le coprono gli occhi celesti, ma non per intero le sue guance tonde. Sollevo la valigia per non far rumore con le ruote. Ho un foglio mezzo stropicciato tra il palmo e la valigia. Non so dove poggiarlo.

Mi blocco e sbircio di nuovo Katie. L’ultima decisione è la meno dolorosa. Troverà il biglietto sul comodino accanto al telefono. Katie non dovrà alzarsi per coprirsi e piangere, e non rischia di cadere a terra per la forte emozione. No, Katie non è forte e non lo sono neppure io, ma io piango da ore per lei e per la voglia di abbracciare quel pancione di Eleonora. Qualcuno deve essere forte tra noi e prendere una decisione per tutti, giusta o meno che sia.

D’altra parte, il destino ha deciso così. Italia batte Irlanda due a uno.

 

4 Risposte a “Italia batte Irlanda due a uno”

  1. Gran bel racconto! Complimenti ad entrambi.
    Certo che un uomo così…meglio perderlo che trovarlo per mio conto. Eterno indeciso. Insicuro. Fedifrago Non si può far una famiglia con uno così.
    No, perchè sono convinta che cambierà ancora idea.
    Ciaooo

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