Wonder – Un mondo perfetto, o quasi

Wonder-locandina

Wonder” (il film tratto dall’omonimo romanzo di R.J. Palacio) racconta la storia del primo anno scolastico di August Pullman (Auggie), un bambino nato con una deformità facciale a causa di una malattia genetica rara.

In programmazione nelle sale italiane durante il periodo delle feste di Natale, mi è capitato di vederlo insieme ad un gruppo di amici e a mia moglie, la quale, complice la sua professione, appena ha visto il protagonista della storia, subito ha riconosciuto in lui la sindrome di Franceschetti.

Se leggete un po’ di recensioni sul film, in giro per il web, tutte parlano della Sindrome di Treacher-Collins, ma sono la stessa cosa.

I sintomi di questa malattia, oltre a problematiche relative all’udito, risiedono nella malformazione del viso. Si può avere una mascella dalle dimensioni notevolmente ridotte, con una bocca che sembra enorme, occhi posizionati in modo asimmetrico in genere nella parte esterna e verso il basso, la zona delle orecchie che presenta delle alterazioni o manca quasi completamente. Senza dimenticare la schisi palatina, ovvero una fessura al palato, che potrebbe rendere necessario nutrire il bambino attraverso un sondino naso gastrico. Si hanno per cui problemi respiratori, e nella masticazione.

Insomma un disastro, che soltanto attraverso una serie di interventi chirurgici viene in parte risolto e rende parzialmente accettabile l’immagine del volto, che sicuramente non rientra nei canoni di bellezza attuali.

Per questo, se avrete a che fare con una persona con questa sindrome, faticherete a sostenere il suo sguardo occhi negli occhi, un po’ come succede nel film.

Strano contrasto con la bellezza della mamma, interpretata da Julia Roberts che invece non mi stancherei mai di guardare.

Nel suo adattamento, il regista Stephen Chboski (Noi Siamo Infinito) che è anche co-autore della sceneggiatura, segue la traccia del romanzo e alcuni personaggi di Wonder raccontano la storia in prima persona. Si hanno quindi diverse prospettive da cui si osserva lo svolgersi della vicenda, e i differenti punti di vista si susseguono nel film.

Auggie ha 10 anni e non ha mai frequentato la scuola, la madre ha curato personalmente la sua educazione. Sogna lo spazio e ha una grande passione per le scienze, non accetta il suo viso e quando esce di casa si nasconde in un casco da astronauta. La saga di Star Wars è il mondo fantastico dove si rifugia e dove la diversità non è un problema, anzi è una risorsa, non per niente Chewbecca è il suo eroe.

Gli altri personaggi del film sono il padre di August, Nate Pullman (Owen Wilson); la sorella Olivia e il suo fidanzato Justin, un ragazzo di colore con la passione per la recitazione; Jack Will, un bambino che diventerà il migliore di Auggie; Julian, il compagno di scuola dai modi scortesi e un tantino bullizzante; Miranda la migliore amica di Olivia, con cui ha rotto i contatti per divergenze adolescenziali; il preside della scuola e l’insegnante di Inglese Mr. Browne. Quest’ultimo affronta l’insegnamento attraverso dei precetti con cui gli studenti si devono confrontare. Uno dei precetti è alla base di tutto il film e del romanzo

Quando ti viene data la possibilità di scegliere se essere giusto o essere gentile, scegli di essere gentile.

Probabilmente è una traduzione non particolarmente felice, perché, anche se non ho letto il libro, ho trovato che la frase dovrebbe essere:

Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile.

Dov’è la differenza direte voi.

La differenza, secondo me, si trova nel fatto che la gentilezza deve essere sostanza e non forma. Se la gentilezza risiede solo nei modi, per poi alle spalle pensare e sparlare male di quelli con cui siete stati gentili, molto meglio essere giusti con loro e dirgli “gentilmente” quello che pensate. Quindi tra l’essere “giusto” e l’essere “gentile” scelgo di essere giusto. Discorso diverso è “avere ragione”, perché spesso significa pretendere di avere ragione, prevaricare, imporre, obbligare, fino ad arrivare a schiavizzare, tiranneggiare.

Insomma avere ragione non significa essere “giusto” perché, con un gioco di parole, possiamo dire che il “giusto” non pensa di essere nel giusto e non pretende di avere ragione.

E la gentilezza spesso viene confusa con un falso atteggiamento di cordialità ed educazione con cui si inganna il prossimo. La gentilezza d’animo, a differenza di quella esteriore, è ciò che più si avvicina al “giusto”

Il libro nasce da una vicenda vera accaduta all’autrice. La signora “Palacio” era seduta su un panchina di un parco con i suoi figli quando vide una bambina con la sindrome di Treacher-Collins, e ne rimase sconvolta. La Palacio racconta: “sono stata presa dal panico, temevo che mio figlio di tre anni vedendola avrebbe reagito urlando, come aveva fatto con le maschere alla festa di Halloween. Mi sono alzata di scatto, ho chiamato l’altro mio figlio e sono scappata. Alla mie spalle ho sentito la madre della ragazzina che, con voce calma, diceva: “Forse è ora di tornare a casa”. Mi sono sentita un verme e non sono riuscita a dimenticare quest’esperienza.

Forse è stata la gentilezza di questa madre che non ha preteso solidarietà, comprensione, rispetto pur avendone tutte le ragioni che ha spinto la “Palacio” a scrivere questa storia.

Il film commuove e qualche lacrima ci scappa. È confenzionato a dovere, diciamo soltanto che nella storia stona un po’ come tutto sia perfetto. Tutti i personaggi sono “giusti” e buoni, e se non lo sono, lo diventano. Auggie vive in una bellissima casa, i suoi genitori sono adorabili, un vero esempio di devozione e comprensione, ha una sorella che lo ama e non se la prende pur non avendo le stesse attenzioni da parte dei genitori. Justin, Il fidanzato di Olivia sopporta con amore tutte le situazioni a cui viene sottoposto, l’amica di Olivia (Miranda) si pente di essersi allontana dalla famiglia Pullman e torna a essere l’amica di sempre. Quando si trova nella scuola Auggie viene sottoposto a qualche atto discriminatorio da parte dei compagni, ma è niente, se lo confrontiamo con quelle che succede realmente nelle scuole. Poi durante l’anno scolastico viene accettato e amato da tutti, tranne che da Julian (l’unico cattivo del film), il quale però si redime nel finale. Il preside e l’insegnante sono motivati e preparati per cui dicono e fanno cose buone e giuste. August vince il primo premio a un concorso di scienze e a fine anno una medaglia, con consegna nel salone principale della scuola e una standing ovation generale di studenti e genitori

Insomma è una bella favola, niente di realistico e forse la maniera migliore di apprezzare “Wonder” è proprio quella di considerarlo come un film che ha la capacità di risvegliare i buoni sentimenti.

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