Filippo fu l’amore più grande della mia vita, prima di lui avevo avuto solo una storia con Carlo, Niente di che. Carlo faceva parte della nostra comitiva, ma credo che mi misi con lui solo perché avevo paura di rimanere sola, forse avevo bisogno d’affetto e mi sarebbe andato bene chiunque.
Filippo, invece, è stato quello che mi faceva battere il cuore all’impazzata, il ragazzo bello che non vedevi l’ora di uscire di casa per incontrarlo. È passato come un tornado, ha buttato giù i muri del mio rifugio emotivo, ha stravolto i miei equilibri, mi ha fatto provare emozioni che non immaginavo fossero possibili.
Fu stupendo per cinque anni.
Era premuroso, fino a quando non decisi di partire per una vacanza-studio con Irene. Al mio ritorno, mi riempì d’insulti.
Vide delle foto su Internet.
Eravamo tutti insieme, abbracciati tra ragazzi e ragazze. Era il mio gruppo di Erasmus.
La sua gelosia fu inutile e la sperimentai sulla mia pelle.
– Come si sentì dopo gli insulti? – mi domandò lo psicologo.
– Male, ovviamente. Non lo riconoscevo più – risposi.
– Cosa pensa abbia spinto questo cambiamento repentino nei suoi confronti, non le sembrò strano? Che pensò? – incalzava con le domande.
– Pensai che si sentiva perso, che avesse paura di perdermi. – Rimasi un attimo silenziosa, come se le immagini di quegli anni si fossero materializzate di nuovo, lì, davanti ai miei occhi.
– Venni poi a sapere dell’esperienza con la sua ex-ragazza che lo tradiva. Picchiava anche lei, ma lo appresi quando ormai era troppo tardi.
– Quando fu la prima volta che la picchiò?
– Fu poche sere dopo che tornai da Lisbona. Era ancora teso dalla foto di gruppo. Arrivò un messaggino sul mio telefono. Mi stavo preparando in bagno. Mi chiamò dicendomi di sbrigarmi e che aveva sentito il suono di un messaggio ricevuto. Gli chiesi di leggerlo al mio posto, pensavo fosse Irene che ci chiamava per andare alla festa insieme.
Invece era un mio compagno di classe, voleva incontrarmi per riconsegnarmi degli appunti. S’infurio, me ne disse talmente tante che sarebbe impossibile ricordarle tutte. Fu la prima volta di una lunga serie. Però quella volta alzò anche le mani.
– Cosa le fece più male? Che reazione ebbe? – continuò a chiedermi il dottore
– Le parole fecero male, tanto. Le botte erano un dolore fisico, però poi passarono. I lividi se ne andarono, ma le frasi dette mi hanno martellato nella testa, per molto tempo.
Quando mi picchiava rimanevo impietrita, non riuscivo mai a reagire, a volte ero ferma, aspettavo che smettesse prima possibile. Ero delusa. Lui, l’uomo della mia vita era un mostro. Non potevo essere innamorata di un uomo così.
– È ancora delusa?
– Non lo so. Non me lo sono più chiesta. Smisi di farmi domande dopo che m’allontanai da lui. Per un periodo ci riuscii.
– Quanto tempo passò prima di rivederlo? – mi chiese ancora il dottore.
– Lo lasciai subito, quando alzò le mani la prima volta. Mi chiamò nei giorni e nelle settimane successive. Per fortuna c’erano le vacanze estive ed io le trascorsi al mare dai miei nonni. Cambiai numero. Mi eclissai da Filippo e da chiunque potesse essere un tramite con lui. A ottobre ricominciarono le lezioni. Lo vidi davanti al cancello che mi aspettava. Aveva un mazzo di fiori.
Si inginocchiò davanti a tutti chiedendomi di perdonarlo. Mi cantò un pezzo della nostra canzone. Lo presi per mano e ci allontanammo. Ero caduta nella sua trappola.
– Quale trappola? interruppe il dottore annotando nel suo taccuino.
– Ero caduta nella trappola di chi mente. Un uomo che ti picchia e dice di amarti, mente.
Ero caduta nella trappola dell’autodistruzione. Lo assecondai rinchiudendomi in casa, giustificando i suoi umori e le sue botte sempre più dolorose.
Non parlavo più con nessuno, non avrei potuto anche volendo. Mi avrebbe aggredito di nuovo. Ero caduta nell’abisso. Fino a quando gli fece male” – affermai senza più vergogna.
– Gli fece male… in che senso? – mi chiese stupito lo psicologo.
– Lui fece male a mio figlio, a nostro figlio che portavo in grembo. Mi spinse contro il muro, mi disse che ero una prostituta e che quel bastardo non lo avrebbe mai riconosciuto. Mi fece cadere a terra e mi diede dei calci dappertutto, anche nella pancia. Quando terminò, si accese una sigaretta seduto sul divano come faceva sempre e si mise a guardare la televisione. Istintivamente sentivo che era successo qualcosa a mio figlio, ero una pozza di sangue. Singhiozzai.
– Va bene così. Si prenda tutto il tempo che vuole, mi racconterà tutto la prossima volta cercò di tranquillizzarmi lo psicologo.
– Aveva ucciso il bambino e per me non esisteva più. Presi il martello tra gli attrezzi che stavano nello sgabuzzino e lo colpii.
Non vedevo niente, sentivo solo il suono cupo del martello sul suo cranio.
Ero sola ora. Lui non esisteva più, ormai. Gridai e piansi solo in ospedale quando mi dissero che avevo perso il bambino – terminai così il racconto, ero sfinita.
Il dottore mi guardò muto. Poi chiuse il suo taccuino, si alzò e mi congedò, dicendomi che ci saremmo visti la prossima settimana.
Non mi sentivo più sola dopo aver raccontato tutto. Non provavo più niente, tranne un grande amore per mio figlio.
Mi riportarono in cella, caddi a terra come quel giorno.
Come gli ultimi istanti che sentii battere il cuoricino del mio bambino.
un bel racconto attuale e ben scritto. Logica reazione a una serie di soprusi. Però un pezzo di cronaca, dove la donna reagisce ai soprusi del compagno.
Complimenti
Ciao e benvenuto nel blog. Purtroppo la cronaca ci ha abituati a storie tragiche. Questa non fa eccezione.
Grazie mille per i complimenti. A presto.
Un gran bel racconto, anche se di storia tristemente vera e dolorosa, ma ben scritto e fa il suo dovere. Colpisce dritto allo stomaco e fa vibrare emozioni contrastanti. Io sto con lei, o come si suol dire le porto le arance.
Bravissima Tiziana.
Benvenuta anche a te.
Colpisce tanto e ci porta a provare dolore, compassione ed emozioni diverse. Un racconto crudo.
Grazie ancora, Nadia.
Asciutto, crudo, intenso, progressivamente incalzante con finale a sorpresa e soprattutto un racconto che parla di tematiche di forte attualità.
Ciao Daniele. Benvenuto nel blog. È un tema attuale e crudo che, purtroppo, sentiamo nella cronaca. Grazie per essere passato. Se vuoi divertirti ci sono anche le rubriche “Gli uomini e le donne”, e “L’ammazzacaffè di Balestro” con tematiche più leggere.
A presto.
Complimenti Tiziana, un racconto da brividi! Sei riuscita a raccontare un dramma reale con uno stile emozionante ma non emotivo, e non è facile
Grazie mille, Rosalia. 🙂