Quelle parole

Quando sono salito sul treno lei era già lì, ma io non l’avevo vista. Mi sono seduto, inseguito dai miei pensieri e ho preso le cuffiette, quelle nuove, senza fili, wireless; e ho iniziato a sentire la musica. Dicono che spostare l’attenzione dal pensiero ricorrente aiuti a combattere l’ansia, beh…il rap e il funky mi danno una mano.
Prendo tutti i giorni quella linea. Dal lavoro a casa, da casa al lavoro, oscillando su quella tratta spesso in piedi, magari stretto e appoggiato agli umori di qualcuno con cui non parlerò mai. Chiuso nel mio guscio, quasi in apnea mentre fuori scorrono le fermate. Ogni tanto le porte si aprono, la gente sale e i vagoni si riempiono. Per vederlo vuoto, quel dannato treno, devi arrivare al capolinea, ma fermo e senza persone sembra un animale morto, un pachiderma senza vita, puzzolente e sporco.
Lei scriveva su un block notes.
Ma chi scrive ancor su un block notes? Mi sono chiesto, mentre il mio piede batteva il ritmo sulle percussioni di “Feel Right” e la mia bocca si contorceva in un improbabile grammelot di Mark Ronson.
E’ stato un lampo, quel muovere la testa per spostare la frangetta davanti agli occhi, quel guardare all’insù per trovare l’ispirazione, il naso leggermente adunco e le labbra sottili inclini al sorriso, come di chi ti sta prendendo in giro.
Laura eri tu. Per un attimo su quel vagone eravamo solo io e te. Distanti sette file di poltrone, tu scrivevi e io ascoltavo musica. Il tempo una stupida dimensione su un piano cartesiano che un algoritmo può piegare ai suoi voleri, stravolgendo il senso delle cose. Come eri bella con una semplice maglietta blue a righe e i pantaloni stretti alle caviglie. Scrivevi, riempiendo tutta la pagina e passavi frenetica alla successiva. La musica si era fermata e anche il mio cuore, eravamo tutti e due in attesa di essere riconosciuti. Ho cominciato a fissarti nella speranza di incrociare il tuo sguardo, di trovare un’intesa, un segnale di complicità.
Ma non si può andare oltre la velocità della luce, senza perdere la propria massa e diventare anche noi onde elettromagnetiche, pulviscolo interstellare, raggi cosmici. Dove lo trovi un buco nero dentro un vagone delle Ferrovie Nord, che ti fletta modificando la traiettoria spaziotemporale, che ti faccia tornare indietro nel tempo.
Oddio, buchi ci sono e anche del nero, dello sporco direi, ma niente di trascendentale. Così quell’attimo è durato solo…un attimo; e sono tornato al presente.
Ho capito che era soltanto una delle tante sosia che abbiamo, sette dicono. Una tua sosia Laura, che scriveva rapita, magari una lettera d’amore, un romanzo oppure la relazione sulla performance delle vendite della ditta dove lavora. No! Ma chi vuoi che scriva sulla performance delle vendite sopra un block notes.
Non eri tu, Laura, ma ti somigliava tanto però. Chissà da dove viene? Mi sono chiesto. E giù a immaginare chi fossero i suoi genitori, che scuola avesse fatto, se era fidanzata.
Ti ricordi le giornate passate a camminare sul lungotevere?
Adesso che la guardavo meglio non era esattamente identica a te, era molto giovane come fosse una nostra immagine di tanto tempo fa, Laura; di quando la vita sembra un oceano di possibilità.
Ero così curioso di sapere cosa stesse scrivendo che ho deciso di avvicinarmi. Cercavo tra me e me una scusa per alzarmi, andare da lei e attaccare bottone. Tipo: “Ma lo sai che assomigli tantissimo a una mia amica che non vedo da tanto tempo”. Che banale e scontato mi sono detto, forse meglio se provo con un: “Sei la fotocopia di una mia amica, quando aveva venti anni però!” con sorrisino ironico di contorno. No, poi pensa che sto facendo delle avances, mi prende per un molestatore seriale. Se non le dicessi niente? Mi metto in piedi davanti al suo sedile e comincio a sbirciare sul block notes, ecco cosi faccio proprio la figura del maniaco.
Vabbè intanto mi avvicino, e mentre lo pensavo lei chiudeva il block notes, si alzava e scendeva.
Così sono rimasto seduto, deluso, da solo e senza musica, con le parole di Battisti a farmi compagnia

Mi ritorni in mente
Dolce come mai
Come non sei tu
Un angelo caduto in volo
Questo tu ora sei

Mentre il treno proseguiva la sua corsa, in un infinito rincorrere di fermate e persone, pensavo che dei giorni passati insieme a far finta di studiare non mi è rimasto niente. Eppure mi sembra ancora di sentirle le tue carezze impresse sulle guance, le mie dita che ti sfiorano i capelli. Immagini come foto sbiadite e il ricordo di quella lettera, di fogli che ho strappato per cancellare dalla memoria quelle parole che odiavo sentire. Quelle parole che come una sentenza decretavano la fine del mio sogno.
Chissà Laura se anche tu, quelle parole, le hai scritte su un treno, con la mano tremolante seduta in un vagone, mentre tornavi a casa gettando lo sguardo oltre il finestrino.

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