N come notte

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Di notte da bambino avevo paura. Sentivo i rumori dell’ascensore, i passi di chi rincasava e altri mille suoni misteriosi. Mi coprivo la testa con le coperte e aspettavo che venisse il giorno, non potevo andare nel lettone della mamma.
Poi sono cresciuto e la notte è diventata simbolo di libertà.

Il suono del citofono era il segnale.
Fabio mi aspettava di sotto, davanti al portone, con la sua Fiat Uno color crema (brutta per carità, ma sempre meglio della mia 127 verde pisello).
Macchina accesa, sigaretta accesa e il suo profumo (Drakkar noir) che faceva a gara con il mio (Paco Rabanne) a riempire, a saturare l’abitacolo.
“Quanto cazzo ci ha messo a scendere, è mezz’ora che ti aspetto!”
“Ma che cazzo dici. Cinque minuti, il tempo di mette’ un po’ di gel sui capelli”.
In genere questo era il nostro saluto.
Fabio aveva diciotto anni e una macchina comprata dai genitori per non fargli usare la moto, avevano paura.
La Tuscolana e l’Appia erano la nostra California e all’epoca senza autovelox, né punti sulla patente, si sfrecciava tranquilli e felici.
Una delle nostre mete era la comitiva Dark di Anzio, perché Fabio mi aveva assicurato la presenza di ragazze che ci stavano (modo di dire borgataro per indicare la facilità di approccio di tipo sessuale con una ragazza). Una era Cecilia, il leader della comitiva, insegnante di danza e fissata con le pratiche esoteriche. Aveva due lunghe trecce bionde ai lati del viso, occhi verdi e un fisico mozzafiato. L’altra era una sua allieva: Anna. Aspetto da contadina, alta, spalle grosse, mani grandi e soprattutto due tette enormi. Di giorno lavorava in un forno, vendeva il pane. Di notte si vestiva di nero, aveva i capelli viola e le piaceva ballare.

La nostra notte era in divisa in fasi.

I° fase: partenza con stereo a palla (termine anni ’80 per indicare il volume delle musica altissimo). Noi nella macchina che cantiamo a squarciagola “Funky…funky” e davanti una lingua di asfalto poco illuminato, che ci porta fino al molo di Anzio.

II° fase: Saluti, baci e abbracci a tutti quelli della comitiva, cazzeggio in piedi fuori all’aperto per decidere in quale locale andare, fino a entrare in qualche birreria nei dintorni. Cecilia che racconta delle sue vite precedenti, di quando era un angelo, mentre Fabio le chiede se si erano già conosciuti. Io sondo il terreno con Anna. Le sfioro le mani, intanto lei mi racconta della sua passione per la danza, ci scambiamo patatine e arachidi, imboccandoci a vicenda.

III° fase: Tutti fuori con una bottiglia di birra in mano ci dirigiamo verso gli scogli. Per chi non lo sapesse Anzio è una località balneare vicino Roma. Dagli scogli il mare sembra una tavola nera interrotta solo a tratti dal bianco delle onde, verrebbe quasi da dire…il mare di notte è come un film… dei Vanzina visto alla TV.
Davanti al mare si formano le coppie. Fabio si apparta con Cecilia e io con Anna.

IV° fase: la più trasgressiva. Finalmente si saluta il resto del gruppo e noi abbiamo il compito di accompagnare a casa le due ragazze. Tutti vestiti di nero, prima di portarle nelle rispettive abitazioni, facciamo tappa all’ingresso del cimitero. Qui in silenzio, senza scendere dalla macchina, al culmine dell’azione disinibitoria dell’alcol, diamo vita a una scena stile film americano anni ’60 (avete presente Happy days, Fonzie e company). Fabio seduto dalla parte del guidatore comincia a palpeggiare e baciare Cecilia, mentre io dietro mi perdo tra le tette di Anna. Insomma in altri termini (e non so quanti attuali) limoniamo, pomiciamo, in inglese facciamo “petting” oppure, come si diceva all’epoca dalle mie parti: “se famo ‘na paccata”.
Ecco farsi una “paccata”, con due ragazze dark davanti a un cimitero, era il massimo della trasgressione del mio post adolescenza.
Naturalmente c’era anche una V° fase: Il ritorno a casa.
Sempre stereo a palla e una grande fatica a rimanere svegli. Per fortuna le strade, alle quattro del mattino, erano vuote, così ci si poteva anche addormentare davanti a un semaforo, senza timore di essere colpiti da qualche auto.
Quando poi rientravo a casa, sentivo un sospiro di sollievo provenire dalla camera da letto di mia madre, il clic dell’interruttore e la luce nella sua stanza si spegneva.

8 Risposte a “N come notte”

  1. beh! di certo più intraprendenti dei maschietti attuali che invece si fanno rimorchiare dalla femminucce.
    Comunque bello. Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo.

    1. Grazie, sono contento di averti riportato agli anni ottanta, però anche allora erano le “femminucce” che sceglievano, in modo meno diretto forse …ti facevano credere di avere in mano lo scettro, ma a comandare le danze erano loro

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